Come stanno fronteggiando gli addetti stampa l’emergenza coronavirus? Come si sono organizzati gli uffici stampa di aziende e organizzazioni che non sono direttamente coinvolti?
Sicuramente, da quando è scoppiata la pandemia, il modo di lavorare di tante persone è cambiato per adattarsi al lockdown, imposto da molti governi per cercare di contenere la diffusione del virus. Fortunatamente quello dell’addetto stampa è un mestiere che si può fare in qualsiasi punto della terra che permetta l’accesso ai mezzi di comunicazione: quasi sempre basta un computer, uno smartphone e una buona connessione a internet. Da questo punto di vista, come categoria, siamo stati molto avvantaggiati rispetto allo smart working con cui, invece, milioni di italiani hanno dovuto fare i conti improvvisamente, con tutti i limiti anche culturali del caso. Questo però non significa che tutto sia rimasto immutato.
I lanci di agenzia iniziano quasi tutti con: “Coronavirus,”
In questo post non parliamo ovviamente degli uffici stampa delle strutture sanitarie, impegnati in prima linea e nel proprio settore di riferimento a veicolare informazioni essenziali per i cittadini. Parliamo, invece, degli uffici stampa di aziende, enti e associazioni che non hanno nulla a che vedere con il covid-19, ma che faticano ad attirare l’attenzione dei media per promuovere le proprie notizie, con il rischio sempre dietro l’angolo di apparire (oltre che essere) inopportuni quando si comunica una notizia “fuori contesto”.
È evidente che il fattore solidarietà, tra i criteri di notiziabilità, è quello che occorrerebbe sfruttare in questo momento, se non si è direttamente coinvolti nell’emergenza, per inserirsi nel discorso mediatico. Diverse aziende, per esempio, hanno deciso di offrire aiuti (in denaro ma non solo) per supportare le strutture sanitarie nel combattere il virus o le persone che hanno difficoltà economiche; altre stanno raccontando storie ed emozioni, sfruttando lo storytelling; altre ancora stanno giocando con la parte visual del proprio brand per dimostrare la vicinanza ai clienti. E questi sono solo degli esempi indicativi. Ma a cambiare non sono solo i contenuti.
Cambiano i tempi
Le conferenze stampa della protezione civile (quella quotidiana delle 18 è ormai un appuntamento fisso), quelle del presidente del consiglio Giuseppe Conte o delle strutture sanitarie scandiscono ormai i tempi degli uffici stampa. Se la notizia che si intende diffondere non è, infatti, abbastanza “forte”, la probabilità che i comunicati veicolati in orari “critici” non vengano nemmeno aperti è pressoché certa. Per questo per inviare i comunicati stampa adesso occorre tenere in considerazione più che in passato anche questi aspetti. I giornalisti, infatti, sono sempre di meno e in molti saranno impegnati a seguire le notizie legate all’emergenza, non avendo tempo né spazio per altre news.
Approfittare della quarantena oggi per essere più competitivi domani
La presenza sui media generalisti in questo periodo non deve esserci a tutti i costi. La comunicazione ha i suoi tempi e se per qualche settimana si procederà a ritmo più lento rispetto a prima si può comunque continuare a lavorare per migliorarsi ed essere pronti quando l’emergenza sarà finita e si dovrà correre.
Perché non impiegare allora il maggior tempo a disposizione per svolgere attività che magari tralasciamo frequentemente (come, per esempio, aggiornare la nostra media list)? Perché non dedicare una o due ore al giorno all’aggiornamento professionale, per imparare nuove tecniche e nuovi modi di lavorare? Possiamo anche realizzare attività di analisi, per vedere cosa in passato è andato bene e cosa no, se una notizia poteva essere comunicata meglio, gli errori che sono stati fatti, ecc. Oppure supportare le attività di comunicazione interna o gli altri uffici di comunicazione che si occupano più nello specifico dei social o del sito internet aziendale.
Quello che è importante, secondo me, è è non sprecare l’incredibile tesoro che in questo periodo ci viene donato: il tempo.