Da Kennedy a Berlusconi, da Sarkozy a Renzi, da Merkel a Obama, passando per Thatcher e De Gaulle: la politica, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sembra tendere inesorabilmente alla personalizzazione e i leader sono sempre più attenti al cosiddetto marketing politico.
Nel nostro Paese si è iniziato a parlare di personalizzazione della politica a partire dalla famosa discesa in campo di Silvio Berlusconi, nel 1994, anche se nei decenni precedenti erano emerse diverse figure di politici che avevano puntato molto sulla centralità della persona, come ad esempio Bettino Craxi e Sandro Pertini.
Da quel momento in poi in Italia e nelle principali democrazie occidentali alcune strategie di propaganda hanno iniziato a funzionare meno, mentre altre pian piano si sono fatte strada.
Il marketing politico
La personalizzazione della politica ha trovato un terreno fertile nella diffusione sempre più capillare dei media, da un lato, e del marketing, dall’altro. La televisione e le tecniche del marketing, in particolare, hanno pian piano trasformato il politico in un prodotto da proporre agli elettori e questi ultimi – per certi versi – diventavano quasi consumatori.
Per questo nel corso degli ultimi anni la figura del politico si è scrollata di dosso anche quell’immagine da burocrate, per essere sempre più simile alle star televisive o ai campioni dello sport che riscuotono ampio successo e raccolgono molti consensi. Non a caso abbiamo assistito a un vero e proprio boom dei programmi di infotainment, che coniugano informazione e intrattenimento, dove il dibattito politico ha lasciato spazio a veri e propri “siparietti”. In queste settimane, solo per fare un esempio, abbiamo visto persino politici come Nunzia De Girolamo e Antonio Razzi partecipare come concorrenti in un noto programma televisivo basato sul ballo.
Ma non solo: la competenza del politico sembra diventata ormai un fattore secondario rispetto alla sua presenza. Tra le caratteristiche che deve possedere un leader politico, infatti, la competenza e la preparazione passano in secondo piano, facendo spazio ad altre peculiarità, tra cui la risolutezza, l’ottimismo, la capacità di trasmettere un senso di fiducia, la simpatia, la semplicità nel comunicare, la bellezza e così via.
Perché questo cambiamento?
Ma perché le caratteristiche dei leader politici sono così cambiate? Essenzialmente perché i politici si sono adeguati alla società e ai nuovi mezzi di comunicazione per diffondere i loro messaggi: se il mezzo cambia, è quasi scontato che anche il messaggio subisca quantomeno degli aggiustamenti. Ecco, dunque, che nel corso degli anni si è passati dai comizi (che nei decenni successivi al dopoguerra potevano durare anche delle ore) ai cosiddetti sound bites, ovvero quelle poche parole, assimilabili a degli slogan, che il politico utilizza per sintetizzare al massimo il suo messaggio e fare in modo che venga ricordato dagli elettori. Chi non ricorda lo slogan elettorale “Aboliremo l’Ici” scandito diverse volte da Berlusconi nel corso di una puntata di Porta a Porta nel 2006? O gli 80 euro in busta paga di Renzi? La comunicazione tende, quindi, ad essere diretta, facile da capire, concreta, empatica, anche correndo il rischio di banalizzarne i contenuti o, nei casi più estremi, di spingere verso una deriva populista che offre ai cittadini elettori quanto questi ultimi chiedono a gran voce, seguendo l’ottica answer the public.
Vinci Salvini
Un esempio che fa capire quanto sia diventata ormai salda la commistione tra politica e marketing è il concorso ideato dai consulenti di comunicazione di Matteo Salvini, ovvero il “Vinci Salvini”. Si tratta di un vero e proprio concorso a premi, alla stregua di quelli che spesso e volentieri vengono lanciati per la promozione di prodotti commerciali, che stimola l’engagement sui social del leader della Lega. Il premio consiste in un “contatto” con Salvini, come la pubblicazione della propria foto sui suoi social, una telefonata, un caffè, un posto riservato alle manifestazioni ufficiali, ecc. premi che contribuiscono a mitizzare ancora di più la persona fisica a scapito del partito. Per non parlare della mole di dati che vengono raccolti – spesso – senza che l’elettore se ne renda pienamente conto, nella logica della lead generation, per restare in tema di marketing applicato alla politica. Ma questo è un altro discorso.