Chi mi conosce sa quanto io sia un fan della tecnologia, dell’informatica e di tutte le innovazioni che migliorano la nostra vita. Mi piace il fatto di avere a disposizione un’intera biblioteca di informazioni in digitale, cosa che fino al secolo scorso forse non era neppure immaginabile, il fatto di poter comunicare in maniera istantanea con un amico o con migliaia di persone, il fatto di avere a disposizione dei servizi via web che mi evitino di fare code, attese inutili o che svolgano semplicemente “meglio” qualcosa che prima veniva svolto con meno efficienza.
Fatta questa premessa, vado subito al punto. Qualche tempo fa le principali piattaforme social sono andate down, come si dice in gergo, per diverse ore e io ne ho approfittato per prendermi una pausa un po’ più lunga da Instagram, Facebook, ecc., scegliendo di fare altro quando ne avessi avuto la possibilità o evitando di pubblicare post o storie”inutili” solo per dare continuità alla mia presenza online. Queste le riflessioni che ne sono scaturite.
Se non siamo più noi a controllare il nostro tempo…
Senza farci caso più di tanto, tendiamo a riempire con i social molti momenti “vuoti” della nostra quotidianità: i dieci minuti mentre aspettiamo che passi l’autobus, quei due minuti per staccarci un attimo dalle attività lavorative, il quarto d’ora mentre portiamo fuori il cane, i tre minuti mentre siamo in bagno (sì, perché ormai è diventata una prassi consolidata, ammettiamolo) e così via. Sommando tutti questi “break” arriviamo anche a una, due, tre ore delle nostre ventiquattro quotidiane che abbiamo a disposizione, ore in cui la nostra attività principale è quella di scrollare con il dito sullo smartphone e mettere like, commenti e cuoricini ai contenuti pubblicati dai nostri amici, conoscenti e personaggi preferiti.
A questo punto mi chiedo (e vi chiedo): quanto vale veramente il nostro tempo? Vale la pena passarlo a visualizzare passivamente l’ennesimo selfie del vostro compagno di banco del liceo o lo spritz al tavolo di quel tizio incontrato una volta sola durante un convegno? Vale la pena sorbirsi i numerosi contenuti pubblicitari (circa uno ogni 4 è pubblicità esplicita) per vedere contenuti che magari non riteniamo nemmeno così importanti? In conclusione, abbiamo veramente una gestione consapevole del tempo che passiamo sui social?
E attenzione, non sto parlando in generale dell’uso della tecnologia, perché, personalmente, per esempio, ritengo assolutamente non una perdita di tempo la lettura di un articolo interessante mentre aspettiamo che si cuocia la pasta o l’ascolto di un podcast mentre corriamo o facciamo colazione, tutte attività che comunque compiamo tramite uno smartphone (ma sono attività che compiamo in modo consapevole).
Piccoli accorgimenti
Uno dei consigli che ho messo in pratica da ormai più di 6 mesi, specie dopo aver visto il documentario “The social dilemma” – che vi consiglio di vedere se non altro per avere un occhio critico sul fenomeno – è l’aver silenziato le notifiche dei vari social che mi spronavano ad aprire le varie app, del tipo: “Tizio ha pubblicato un post dopo tanto tempo”, “Caio ha pubblicato qualcosa nel gruppo degli appassionati di foglie arancioni”, “Sempronio ha commentato il link di Trashissimo Top”. La scelta di aprire quella determinata app e di trascorrere del tempo sui social, in questo modo, diventa solo nostra e, soprattutto, consapevole. Anche perchè non si tratta di colpevolizzare l’uso dei social, perchè in fin dei conti sono un po’ come il vino: un bicchiere non guasta, in compagnia diventa ancora più piacevole, il troppo, invece, porta alla dipendenza.
Un altro consiglio è quello di aggirare il flusso continuo proprio del meccanismo di funzionamento dei social, in modo da visualizzare solo i contenuti postati da persone che ci interessano veramente. Per esempio, evitare di visualizzare tutte le classiche stories una di seguito all’altra, selezionando sono quelle dei profili ritenuti validi, oppure silenziando quelle che riteniamo poco utili per noi in un determinato momento. In questo modo eviteremo un overload informativo che produrrebbe solo confusione e potremo riappropriarci del nostro tempo per svolgere quello che più ci piace, con tutta la consapevolezza del caso.