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HomeLe interviste ai professionistiGiorgio Taverniti: vi spiego perché Google è diventato liquido

Giorgio Taverniti: vi spiego perché Google è diventato liquido

Google, Google News, Discover, Maps, YouTube: oggi i contenuti giungono a noi con diverse modalità da più parti e ci vengono presentati anche in forme diverse: dai video brevi ai risultati strutturati dei motori di ricerca, dalle risposte degli assistenti vocali alle mappe che sono diventate sempre più social. Ne ho parlato qualche giorno fa con Giorgio Taverniti, uno dei più importanti esperti italiani di SEO e Digital Marketing, autore di uno dei primi libri in materia e da qualche settimana in libreria con il suo nuovo saggio: Google liquido.

Ciao Giorgio, in Google liquido parli di una nuova internet, dove tutto è più sciolto e flessibile. Cosa significa?

Ciao Fabio. Prima di tutto grazie per l’intervista. Molti anni fa quando si effettuava una strategia digitale per aumentare la visibilità nei motori di ricerca le persone si approcciavano a Google considerando i motori di ricerca verticali. Ovvero dicevano: le fonti dalle quali arriva traffico sono la Ricerca di Google, Google Immagini, Google News e via dicendo. Questo approccio portava le persone a produrre contenuti specifici con strategie specifiche.

Nel Google di oggi non è più così. I motori di ricerca verticali vanno approcciati non in modo separato ma omogeno. Un’informazione che noi produciamo per l’ecosistema di Google sappiamo che la offriamo a questa grande azienda, ma non sappiamo poi dove e come verrà distribuita. Quindi in origine dobbiamo pensare a tutti i modi differenti di approcciarsi, perché Google la distribuisce a seconda delle esigenze delle persone. Da questo piccolo concetto nasce l’idea di parlare di liquidità.

Puoi farci qualche esempio?

Un esempio è proprio il blog. Oggi un blog ha la possibilità di finire in Google Discover, dove il contenuto è lo stesso, ma ha una forma diversa da come apparirebbe nella Ricerca. In Discover l’immagine è la parte più importante, il titolo deve essere più accattivante. Quindi nella scelta di chi scrive bisogna tenere in considerazione la scelta dell’immagine da un punto di vista strategico e tecnico:

  • strategico perché l’immagine non è più a corollario dell’articolo, ma è l’entry point! Immagina di dover attrarre le persone con un’immagine che rappresenti il contenuto: quale sceglieresti? Non è più “scelgo un’immagine che stia bene con quello che sto scrivendo;
  • tecnico perché per essere mostrata al meglio ha bisogno di avere determinate proporzioni e dimensioni.

Quindi già solo questo piccolo esempio fa capire come bisogna pensare a creare la migliore risorsa possibile sotto tutti i punti di vista. Che sia un articolo o un prodotto e-commerce, questo concetto non cambia. E se vale su Google, vale su tutta Internet.

Ogni azienda si sta trasformando, o lo era già, in un ecosistema. E ogni ecosistema si sta preparando a entrare in contatto con gli altri ecosistemi. L’esempio più interessante è Shopify che è facilmente collegabile ad altri: Google (anche YouTube), TikTok, Amazon, Telegram, Twitter.

Per questo motivo le aziende e i creatori di contenuti devono ragionare bene sulle loro proprietà Internet, facendo in modo di diventare loro la fonte delle informazioni sia del proprio brand che del settore intero. E riuscendo a strutturare i dati in loro possesso possono distribuirli ovunque diventando la fonte di partenza, non delegando ad altri il controllo delle informazioni.

Per un’Internet Liquida abbiamo bisogno di avere delle informazioni solide.

Ci stai dicendo che dovremmo passare dal vecchio mantra “content is the king” al nuovo “person is the king”?

Uno degli ultimi aggiornamenti di Google ha come slogan “People First”. Direi che la direzione è senza dubbio quella.

D’altra parte, non c’è un modo migliore per costruire un “motore di ricerca” se non quello di tentare di intercettare i bisogni delle persone e trovare dei riferimenti comuni ai siti che riescono a soddisfarli.

Poi possiamo discutere se ci si riesce davvero, se è ancora presto, se ci sono settori dove questa cosa è più evoluta. Ma non sulla direzione: quella è chiara da molto tempo.

A proposito dell’utilizzo del grassetto ai fini SEO, nel tuo libro scrivi: “lasciamo che le persone scrivano per le persone”. Noti ancora oggi un utilizzo di queste tecniche per il posizionamento, seppur sia ormai chiaro quanto siano sopravvalutate in termini di efficacia?

Sì, lo noto e trovo che sia addirittura deleterio. Molte persone per inseguire la SEO rovinano i testi. È un errore imperdonabile, sia per chi lo fa, sia per chi ha insegnato a farlo.

Il grassetto non serve a niente, di solito chi scrive si mette a inserire in grassetto per le chiavi che vorrebbe evidenziare, ma queste sono già presenti in altri luoghi importanti della pagina e dopo che sono presenti Google inizia a ignorare questa cosa.

Ci sono persone che lo fanno e sono convinte che sia utile perché Google non penalizza, Google ignora. Ma usando poi queste tecniche la lettura è penalizzata e molte volte le persone che leggono hanno la sensazione di leggere qualcosa di scarsa qualità.

Il vero danno è questo: scrivere un buon testo oggi è come respirare aria fresca. Invece noi continuiamo ad inquinare i contenuti. Le persone non ne possono più e quei testi sono poco efficaci.

Recentemente Google ha annunciato un importante upgrade del suo algoritmo. Hai qualche consiglio particolare da dare ai content creator? Giuro che non ti chiederò dove occorre infilare la chiave!

Ho sorriso, in modo compiaciuto! Sono contento Fabio, Google ha fato una direzione molto chiara con delle linee guida importanti. Ha detto cosa non fare e in queste cose ci sono molte tecniche che ancora oggi vedo usare (tipo il numero di parole preciso, Google ha dichiarato che queste sono cose che non guarda), ma ha dato indicazioni strategiche.

Leggiamo insieme le domande:

  • Hai un pubblico che troverebbe i tuoi contenuti utili se arrivasse direttamente a te?
  • Il contenuto dimostra chiaramente che c’è un’esperienza diretta e una conoscenza approfondita di quello che stai raccontando?
  • Il tuo sito ha uno scopo o un focus primario?
  • Dopo aver letto i tuoi contenuti, qualcuno se ne andrà sentendo di aver imparato abbastanza su un argomento per raggiungere il proprio obiettivo?

Google sta dicendo ai Content Creator: diventa la fonte del tuo settore. Diventa la persona di riferimento, fai in modo che le persone siano soddisfatte.

Cosa possiamo “salvare” del vecchio modo di fare SEO? Ha ancora senso impegnarsi nel fare link building?

La link building per me rimarrà ancora per molto tempo: è uno dei modi più sicuri di stimare l’autorevolezza e l’autorevolezza viene usata in più parti di diversi algoritmi. Va salvata e va spiegato come farla bene in modo che sia spontanea per la qualità di quello che si propone.

La Keyword Strategy merita un aggiornamento, andando ad approfondire questa tematica sia in funzione dell’ecosistema di Google e di tutti i touchpoints che oggi ci sono, sia sul comportamento dell’utente: il Messy Middle è da prendere in considerazione senza alcun dubbio oggi.

Noi in agenzia abbiamo affiancato alla Keyword Strategy un’attenzione particolare legandola molto al business del cliente e agli studi di cosa vuole davvero una persona. Per le chiavi più importanti abbiamo uno studio approfondito e 9 volte su 10 quello che accade è che iniziamo a proporre modifiche sulla comunicazione, sul prodotto tecnologico, sull’offerta, sulle risorse primarie, sull’architettura informativa, sul piano editoriale e sulla visibilità nell’ecosistema di Google.

Un nuovo approccio ad Internet richiede anche un nuovo approccio alla Consulenza.

A pag. 87 del libro scrivi: “o si diventa la fonte del proprio settore tramite risorse di qualità oppure si sparisce da un momento all’altro”. Niente spazio per la mediocrità nel prossimo futuro?

Ogni volta che arriva un nuovo cliente o devo dare un consiglio ad una Content Creator mi rendo conto che o si punta all’eccellenza o c’è poco da fare.

In molto settori, vuoi anche la pandemia che ha accelerato questo processo, si è aumentato molto il divario tra chi è leader di mercato e chi no.

Per questo motivo bisogna puntare a diventare i numeri uno del proprio settore, la mediocrità esisterà sempre ma farà sempre più fatica ad emergere e restare in piedi.

E questo in un Paese come l’Italia che è molto piccolo vale ancora di più: già per fare un business online si fa molta fatica, immagina la fatica a restare mediocre!

Nel terzo capitolo sottolinei il fatto che le persone “cercano come scrivono”. Dobbiamo rinunciare a priori ad un linguaggio magari più preciso ma meno utilizzato dalle persone? Non corriamo il rischio di impoverire la lingua?

Bel punto. Ovviamente no. Ma quello che è importante comprendere è che le persone quando cercano usano una semplificazione di quello che vorrebbero cercare.

Quella parte è più dedicata ai contesti di assistenza o di ricerca di informazioni, ed è una parte della SEO. L’altra parte della SEO è avere un piano editoriale che si sganci proprio da cosa cercano le persone e crei cose nuove: altrimenti come si diventa leader? Inseguendo cose che  ci sono già, si arriva sempre secondi.

Semplificando è come se dovessi tentare di produrre delle risorse su quello che viene già cercato e quello che viene già cercato solitamente è una tipologia molto informativa. Poi devi affiancare a questo qualcosa di sorprendente.

Insomma, se apri un blog per parlare di Come avere successo su YouTube, devi sicuramente avere delle risorse per le cose che già esistono e che vengono cercate per intercettare le persone (come aprire un canale, come ottimizzare un video), ma allo stesso tempo devi essere originale e parlare di qualcosa che nessuno fa e che nessuno sta cercando.

In questa seconda parte puoi esplorare la tua creatività. Nella prima parte, se sai scrivere, non impoverisci il linguaggio comunque. È vero che le persone cercano delle cose molto semplici, ma sta a te trovare il modo di darle in modo originale.

Puoi trovare modi molto originali di spiegare come ottimizzare un video. Io vedo YouTuber parlare di Manga e collegare i loro ragionamenti a fatti storici o a ragionamenti filosofici. Di sicuro hanno arricchito non solo la lingua, ma la cultura delle persone giovani che pensavano di trovare una cosa semplice e si sono trovati in una esplosione di pensiero.

Nel libro si parla tanto delle immagini e dei video, a cui dedichi addirittura interi capitoli: in questi anni li abbiamo sottovalutati? Dovremmo fare più attenzione alla multimedialità dei nostri contenuti (visto anche l’ultimo annuncio che è stato fatto)?

Sì troppo! Io ho iniziato a fare YouTube nel 2006. Poi nel 2016 ho deciso di fare una rubrica e in tanti mi hanno guardato male. Fino al 2019 mi dicevano: ma stai ancora a fare i video?

Oggi li vedo fare video su TikTok.

Le immagini poi stanno diventando il punto di entrata di molte persone con i brand, l’aspetto visivo sta completamente stravolgendo Internet.

Dovremmo fare più attenzione, più cura, più creatività, più strategia. E questo va a favore delle persone che hanno questo tipo di attitudine.

A proposito dell’ecosistema Google, cosa pensi della vicenda di Google Analytics?

Brutta faccenda. Sotto tutti i punti di vista. Da un lato politico c’è stata poca attenzione e troppa confusione. Da parte di Google troppa fretta mettendo sul mercato un prodotto nemmeno vicino all’essere pronto: non vorrei essere nei panni del Product Manager che sarà stato costretto o costretta a farlo.

Poi siamo troppo lenti. Andava aperto un tavolo di lavoro trasformandolo in una task force con tutti i soggetti coinvolti e trovare soluzioni; invece, sono anni che ci sono dei ribaltamenti di fronte. Abbiamo bisogno di chiarezza, di meno insicurezza.

Per finire, ti chiedo: cosa dovrebbe fare un giovane che vorrebbe iniziare oggi a lavorare nel mondo della SEO?

Questo è un argomento davvero interessante.

Dal mio punto di vista, oggi Internet è molto complessa, io sto iniziando a sconsigliare di partire da Freelance. Solo poche persone sono portate a entrare in questo modo complesso apprendendo rapidamente da sole.

La via più rapida per imparare è mettere le mani in pasta. La via più rapida per farlo è entrare in contatto con un team che ha diverse figure e progetti diversi in corso.

La teoria rimane teoria. Per diventare SEO servono anni di studio e pratica. Anche se le eccezioni esistono, ci mancherebbe.

Quindi, aprite dei vostri progetti e cercate una realtà che possa guidarvi, anche perché questa complessità ha un vantaggio: vi permette di esplorare con più facilità dove siete portati e portate.

La giusta realtà vi farà da guida per comprenderlo e vi permetterà di fare un percorso di crescita più veloce.

Se invece volete fare un percorso diverso, un consiglio: non sottovalutate i discorsi fiscali, pensioni, assicurazioni, sanità. È la prima cosa da sapere, oltre al fatto di comprendere che è un mercato che si muove velocemente: se funziona un anno qualcosa, l’anno dopo potrebbe valere zero.

Fabio Brocceri
Fabio Broccerihttps://www.fabiobrocceri.it
Sono un giornalista, addetto stampa e comunicatore pubblico. Il mio lavoro consiste nell'aiutare enti, imprese e istituzioni a comunicare meglio. Clicca qui se vuoi saperne di più oppure seguimi sui social.

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