Nel funzionamento delle moderne democrazie, l’informazione gioca un ruolo fondamentale, perché permette ai cittadini di essere informati e consapevoli di quello che accade nella società di cui fanno parte. Per questo il finanziamento pubblico ai giornali da parte dello Stato è una politica prevista da diversi Paesi, che cercano di sostenere un settore, quello dell’editoria, indubbiamente in crisi: calo delle vendite, calo dei lettori, aumento dei costi, sono solo alcuni dei sintomi di questa crisi in cui gli editori faticano a trovare nuovi modelli di business.
Come funziona il finanziamento pubblico ai giornali in Italia: i sussidi diretti
Quando si parla di finanziamento pubblico ai giornali spesso si fa riferimento all’erogazione di contributi per sostenere l’attività editoriale di quotidiani e periodici in modo da garantire il principio del pluralismo, supportare il giornalismo di qualità e l’indipendenza dell’editoria.
In Italia queste sovvenzioni sono erogate tramite il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Secondo quanto previsto dal decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, possono accedere al fondo:
- le cooperative giornalistiche;
- le imprese editrici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro, limitatamente ad un periodo di cinque anni a partire dal 15 novembre 2016;
- gli enti senza fini di lucro ovvero le imprese editrici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti;
- le imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche.
In base a questi criteri, sono esclusi – per esempio – dal finanziamento i grandi quotidiani come il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, La Stampa, ma vi rientrano altri quotidiani, anche nazionali, come Italia Oggi, Libero, Avvenire, ecc. perché magari sono editi da cooperative, enti no profit e così via.
Finanziamento pubblico ai giornali: elenco 2022
In base agli ultimi dati disponibili, i giornali diffusi in Italia che ricevono più fondi sono:
- Famiglia Cristiana 3.000.296 euro
- Avvenire 2.786.620 euro
- Opinioni Nuove Libero Quotidiano 2.703.559 euro
- Italia Oggi 2.031.266 euro
- Gazzetta del Sud 2.000.593 euro
- Il Quotidiano del Sud 1.848.080 euro
- Il Manifesto Quotidiano Comunista 1.659.490 euro
- Corriere Romagna 1.109.178 euro
- Cronacaqui.it 1.103.650 euro
(dati relativi all’anticipo per l’anno 2022, elenco completo sul sito del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria)
I giornali espressione di minoranze linguistiche che ricevono più fondi, invece, sono:
- Dolomiten 3.088.498 euro
- Primorski Dnevnik 867.531 euro
- Die Neue Sudtiroler Tageszeitung 536.672 euro
- FF-sudtiroler Wochenmagazin 322.643 euro
(dati relativi all’anticipo per l’anno 2022, elenco completo sul sito del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria)
I sussidi indiretti: le altre misure si sostegno all’editoria
Accanto a queste forme dirette, lo Stato può scegliere di aiutare il settore attraverso agevolazioni fiscali, rimborsi o sgravi fiscali che possono riguardare le imposte sul reddito, l’IVA o altre tasse più in generale. Per esempio, possono essere previsti degli sconti sull’acquisto della carta o sulle spedizioni, agevolazioni per le imprese che acquistano spazi pubblicitari sui giornali di carta, ecc.
In Italia, la Legge di Bilancio 2022 ha istituito un “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria”, prevedendo una dotazione pari a 90 milioni di euro per il 2022 e di 140 milioni di euro per il 2023, con l’obiettivo di incentivare gli investimenti in tecnologia e transizione digitale, promuovere l’ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media e sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali.
Di questi sussidi beneficia una platea più vasta di giornali (e non solo), in quanto, tra i requisiti di assegnazione, non ci sono riferimenti alle caratteristiche dell’editore o alle minoranze linguistiche. Sono, infatti, destinatari della misura le imprese editrici di emittenti radiofoniche e televisive, nazionali e locali, concessionari radiofonici dei fornitori di contenuti radiofonici digitali e dei consorzi di imprese editoriali operanti in tecnica DAB – nonché le imprese editrici di quotidiani e periodici e le agenzie di stampa.
Infine, un altro modo di finanziamento dei giornali prevede l’acquisto direttamente da parte dello Stato e, in particolare, della Pubblica Amministrazione di spazi pubblicitari per campagne di comunicazione istituzionale.
Abolizione del finanziamento pubblico ai giornali
Nel corso degli anni si è molto discusso – e lo si continua a fare – sull’efficacia di questi sussidi. Da un lato i giornali che ricevono dei finanziamenti statali possono essere liberi da pressioni derivanti da interessi commerciali (per esempio, subiscono meno l’influenza degli inserzionisti pubblicitari) e possono avere a disposizione fondi indispensabili per fare del giornalismo di qualità (anche se ci sarebbe da definire il perimetro del giornalismo di qualità); dall’altro sono a rischio di manipolazione politica, dato che i requisiti di distribuzione delle risorse possono cambiare in qualsiasi momento. Inoltre, si ragiona anche sulla distorsione del mercato che questi incentivi possono causare, perché le imprese che ricevono i fondi risulterebbero favorite rispetto a chi non li riceve.
La vera sfida delle democrazie moderne sta, dunque, nel riuscire a trovare un complesso equilibrio in grado di garantire il sostegno finanziario necessario ad un giornalismo plurale e di qualità senza compromettere l’indipendenza e l’integrità dei media.