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HomeComunicazione istituzionale e socialeCome fare un piano di comunicazione: fasi, esempi pratici e PDF

Come fare un piano di comunicazione: fasi, esempi pratici e PDF

Prima di mettere in atto qualsiasi iniziativa di comunicazione è indispensabile, se non obbligatorio (come per esempio per le Pubbliche Amministrazioni) definire un piano di comunicazione. Vediamo di cosa si tratta, quali sono le fasi da seguire ed alcuni esempi pratici.

Cosa si intende per piano di comunicazione

Il piano di comunicazione è uno strumento con cui le organizzazioni programmano le attività di comunicazione che intendono mettere in campo per raggiungere degli obiettivi prefissati. In genere il piano di comunicazione viene realizzato con riferimento ad un arco temporale che corrisponde ad un anno, ma può anche essere legato a determinati eventi, come il lancio di un nuovo prodotto, il restyling di un servizio, ecc.

Quali sono le fasi del piano di comunicazione?

Il piano di comunicazione è composto da 7 componenti, ovvero:

  1. lo scenario;
  2. gli obiettivi di comunicazione;
  3. individuazione e segmentazione del target di riferimento;
  4. la scelte strategiche;
  5. le scelte di contenuto;
  6. le azioni e gli strumenti di comunicazione;
  7. la misurazione dei risultati.

1 Analisi dello scenario

La prima cosa da inserire in un piano di comunicazione è una descrizione dello scenario di riferimento, che analizzi la situazione attuale e individui le eventuali criticità. Si tratta, in altre parole, di descrivere il contesto generale in cui opera l’organizzazione, in riferimento a fattori territoriali, geografici, sociali, economici, organizzativi e così via, mettendo in luce le problematiche e le questioni su cui è necessario intervenire. A tal proposito potrebbe essere molto utile fare un’analisi SWOT, un’analisi di benchmark, ecc.

2 Individuzione degli obiettivi

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, diceva Seneca. Per redigere un buon piano di comunicazione è indispensabile indicare gli obiettivi che si intende raggiungere. In genere si tratta di obiettivi che sono stati già definiti a livello apicale, dal vertice o dal responsabile della comunicazione, ma è necessario specificarli ulteriormente, aggiungendo più livelli di dettaglio che saranno poi utili anche nel momento della valutazione. Gli obiettivi devono essere quanto più possibile chiari, specifici, misurabili e realistici.

3 Individua il target

La terza fase consiste nell’individuare il target a cui è rivolta la comunicazione. La segmentazione consiste nell’individuare gruppi omogenei in base a specifici criteri: in genere si fa riferimento a criteri geografici (come l’appartenenza a un quartiere, una città, uno Stato, una regione climatica, ecc.) oppure socio-demografici (età, sesso, livello di istruzione, livello di reddito, classe sociale, religione, ecc.).

La segmentazione per l’individuazione dei target può avvenire anche per macro-segmenti, prevedendo per esempio:

  • i beneficiari dell’azione di comunicazione;
  • i media e gli influencer;
  • le istituzioni

4 Individuazione della scelta strategica

In questa fase si inizia a scendere più nel dettaglio, procedendo con la traduzione degli obiettivi in scelte strategiche, che possono essere fatte in base al pubblico (comunicazione diffusa o concentrata?), allo stile comunicativo (informativo, educativo, di intrattenimento o misto?), alle modalità di contatto (diretto/indiretto), e così via.

5 Individuazione dei contenuti

Qual è il messaggio che vogliamo veicolare? Quali sono le informazioni o i valori che vogliamo trasmettere? Qui occorre definire i contenuti che vogliamo veicolare per ogni target, in base anche agli obiettivi prefissati.

Particolare attenzione deve essere prestata al linguaggio, che, al di là del tono più o meno formale, deve essere accessibile a tutti, evitando di creare barriere cognitive tra l’emittente e il ricevente.

6 Scelta delle attività e degli strumenti di comunicazione

Per ogni destinatario occorre individuare le attività e gli strumenti più idonei per raggiungerli. In generale, vengono si fa riferimento a:

  • attività di ufficio stampa e media relations;
  • produzione di prodotti editoriali (house organ, podcast, newsletter)
  • pubblicità attraverso i mass-media e internet;
  • pubblicità attraverso brochure, volantini, cartellonistica;
  • organizzazione di eventi o partecipazione a fiere;
  • comunicazione diretta (campagne mailing, telefoniche, tramite URP);
  • campagne social;
  • attività di guerrilla marketing.

Se non si hanno risorse interne adeguate, è possibile rivolgersi ad un’agenzia di comunicazione esterna, che coadiuverà l’ufficio comunicazione.

A questo punto è importantissimo specificare ed esplicitare in maniera dettagliata i costi, un elemento spesso sottovalutato ma con il quale occorre fare subito i conti. In base al budget a disposizione dell’organizzazione, infatti, si potranno utilizzare determinati canali e non altri. Per fortuna, oggi si possono realizzare piani di comunicazione anche con risorse limitate, grazie soprattutto a internet.

Il piano di comunicazione deve indicare in modo puntuale i tempi necessari per portare a termine ciascuna azione di comunicazione. Non è possibile fare riferimento ad un futuro prossimo in modo generico. Molto utile è utilizzare un diagramma di Gantt, che permette di fissare i processi, rappresentati come linee o barre, in un ordine temporale definito, in modo da poter monitorare in qualsiasi momento lo stato di avanzamento del piano.

7 Il monitoraggio

Per verificare che effettivamente gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti, è opportuno individuare delle KPI (Key Performance Indicator), ovvero degli indici che permettano di misurare l’efficacia del piano di comunicazione. Questi variano in base alle attività di comunicazione. Molto usate sono, per esempio, le cosiddette “vanity metrics” (share degli spot televisivi, numero di impression, di like, di follower, di commenti, di condivisioni, numero dei visitatori di un sito o di una sua pagina specifica, numero di utenti che hanno aperto una newsletter, frequenza di rimbalzo di un sito, ecc.). Il KPI più richiesto è il ROI (Return of Investment), che misura e valuta i risultati ottenuti da un’azione di comunicazione a fronte dell’investimento effettuato. Ci sono poi il Click-Through Rate (CTR), che indica la percentuale di persone che hanno cliccato su un link o un annuncio rispetto al totale delle persone che lo hanno visualizzato, e il CPA (Cost per Acquisition / action), ovvero il costo medio per ottenere un nuovo cliente o per far fare al cliente una determinata azione).

Può essere fatta anche una sentiment analysis, per capire com’è cambiato il sentiment degli utenti dopo la comunicazione, oppure ancora valutata la copertura mediatica prodotta (numero di articoli, servizi radiotelevisivi, interviste, citazioni).

Infine possono essere utilizzate le tecniche classiche della ricerca quantitativa (ricerche campionarie, analisi delle serie storiche, ecc.) e qualitativa (focus group, questionari, sondaggi, tecnica di Delphi, ecc.).

La misurazione è molto utile anche in corso d’opera, in quanto permette magari di correggere il tiro se i risultati non stanno andando nel verso sperato.

Piano di comunicazione: esempi con link al PDF

Qui di seguito trovi alcuni esempi di piani di comunicazione, in modo da poter avere un’idea più precisa su come impostarlo:

Fabio Brocceri
Fabio Broccerihttps://www.fabiobrocceri.it
Sono un giornalista, addetto stampa e comunicatore pubblico. Il mio lavoro consiste nell'aiutare enti, imprese e istituzioni a comunicare meglio. Clicca qui se vuoi saperne di più oppure seguimi sui social.

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